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Il Palermo, il “modello City” e l’arrivo del d.s. Osti che fa ben sperare

E così, pare che al momento De Sanctis paghi per tutti portandosi dietro Giulio Migliaccio, guerriero indomito che a Palermo accoglieremo sempre come “uno di noi”. La lista degli errori da imputare all’ex d.s. è lunga e variegata: il non aver compreso e corretto le magagne degli anni precedenti, la pessima gestione dei casi Lucioni e Brunori, la permanenza in organico di giocatori virtualmente inutilizzabili (Peda, Buttaro, Saric), le follie di mercato (Appuah, Le Douaron e Nikolaou), il triennale a Verre ed infine la madre di tutte le sciocchezze: la “questione portiere”.

Se prendi Gomis come titolare in quanto ritieni che Desplanches non sia “pronto” e Gomis si infortuna gravemente, devi sostituirlo con un portiere affidabile, non con un ex grande portiere. Dunque, la somma di prove “a carico” rende la condanna sportiva di De Sanctis pienamente meritata. Tuttavia, sarebbe ingiusto ritenere che lo sfacelo presente davanti ai nostri occhi, ad onta dell’impegno economico della proprietà, abbia un unico responsabile.

Poiché non credo casuale la scelta del CFG di assumere dopo il suo approdo a Palermo due d.s. “alle prime armi” e non vecchi volponi dal rendimento certo e dalla malleabilità ridotta, la figura di Bigon si staglia sullo sfondo come “correo” di De Sanctis. Finalmente, la designazione di Osti appare in controtendenza rispetto alle precedenti in quanto è improbabile che uno come lui sia venuto per farsi manovrare a distanza da chi non può vantare i suoi titoli e per di più è avulso dalla quotidianità degli spogliatoi e dei campi di allenamento e di gioco. Le sue prime settimane a Palermo riveleranno se davvero il CFG ha capito che l’incarico di d.s. mal si concilia con lo smart-working.

Le indiscrezioni di stampa che parlano di “fiducia a tempo” suggeriscono che neppure Dionisi può essere considerato immune da questo tardivo repulisti. Pur considerando le carenze qualitative e di composizione dell’organico, Dionisi è colpevole di non aver dato alla squadra continuità di risultati e identità di gioco con continui cambi di formazione e modulo e con sostituzioni raramente migliorative. Inoltre, appaiono ingiustificabili l’umiliazione professionale di Brunori e la recente esclusione di Gomes, votato dai tifosi come “miglior rosanero del mese” a settembre, ottobre e novembre.

Ancora, la sequenza di infortuni muscolari e la sensazione di ridotta autonomia di molti giocatori chiamano in causa i metodi di preparazione del suo staff. Infine, Dionisi è parso inadatto alla funzione di interfaccia unica con la stampa e la tifoseria, continuamente esposte a dichiarazioni ricche di neologismi e povere di riscontri dal campo. A fronte di millantati rendimenti “performanti” o “prestativi”, più volte ci siamo chiesti se la partita vista da Dionisi da bordo-campo sia la stessa cui noi abbiamo assistito dagli spalti o dalla TV.

E poiché né Dionisi prima, né De Sanctis dopo si sono scelti da soli, le critiche non possono escludere l’a.d. Gardini, dirigente cui ho personalmente sentito pronunciare, in occasione di un evento benefico natalizio, una frase concettualmente ineccepibile ma che alla luce dei risultati suona paradossale, per non dire grottesca: “In Italia la politica e il calcio sono simili: tutti ne parlano, ma pochi ne capiscono”.

A parte l’auspicio che Osti sia lasciato nelle condizioni di fornire appieno il proprio contributo e che Dionisi dimostri di meritare la fiducia che, contro ogni evidenza, il CFG ha deciso di rinnovargli, non ci resta che sperare che la gravità e la ricorrenza degli errori commessi localmente impongano una riflessione più ampia per evitare di ritrovarci in futuro nella stessa situazione.

Nel dilagante fenomeno delle multiproprietà calcistiche, si deve pur trovare il modo di semplificare le catene di comando fornendo deleghe reali e di conciliare l’applicazione di procedure standard valide per tutti i membri di una “galassia” con una flessibilità che tenga conto delle realtà locali. Lione non è Rio de Janeiro, Bahia non è Lommel e Palermo non è Manchester e, per quanti soldi possa spendere, chi non trae insegnamento dai propri errori presumendo che le dinamiche del calcio siano identiche in tutte le parti del mondo è destinato fatalmente all’insuccesso.

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Fonte: StadioNews24

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Redazione

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