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Totò Schillaci, quanto affetto per quel ragazzo semplice che ha conquistato il mondo
La sua storia – che poi si è trasformata in leggenda – può essere definita paradigmatica. Dai campi impolverati, dai cori di scherno di qualche curva, da qualche strafalcione televisivo, ha saputo conquistare i campi più ‘verdi’ del mondo, gli ‘osanna’ di una generazione che ha sognato con i suoi gol delle notti magiche italiane e ha perfino sfoderato quella straordinaria ironia e autoironia – cifre del suo modo di essere – con cui dopo la carriera ha conquistato persino il pubblico televisivo e le simpatie nazionali.
Fino all’ultima partita, quella più dura e dolorosa, che gli ha regalato però un ‘trofeo’ intimamente bellissimo; l’affetto della famiglia e un messaggio ‘social’ della figlia intriso di quella tenerezza che ripaga di tanto dolore: “Sapevi che avresti perso questa partita ma l’hai giocata benissimo”.
Un patrimonio del calcio italiano
Totò Schillaci è stato un ragazzo semplice che, per quanto talentuoso, non si sarebbe aspettato di vestire le maglie dell’Inter e della Juventus, oltre che della Nazionale. Come non se lo sarebbe aspettato nessuno. La dea bendata aveva deciso di regalargli il palcoscenico più importante, quello di Italia ’90 che lo aveva proclamato Re d’Italia nonostante la beffa di quella semifinale.
Raramente era stato divisivo, proprio quella sua identificazione con la maglia azzurra aveva tenuto al minimo sindacale la consueta (a tratti becera) rivalità tra tante tifoserie. Totò era un patrimonio italiano. Non della Juve. Non dell’Inter. Dell’Italia. E basta.
Ed è per questo che nell’ora della morte lo piangono tutti, i celebrati campioni come Mancini e Baggio, presidenti di federazioni internazionali e nazionali e anche il gotha della politica:, un coro unanime di affetto e rimpianti.
Schillaci era uno di noi
Tantissimi possono raccontare episodi legati a Schillaci, che non si è mai nascosto al ‘suo’ pubblico e che non ha mai rinnegato le sue origini palermitane, che anzi erano motivo di orgoglio. Il suo sorriso scanzonato è durato quasi fino alla fine, come i suoi occhi ‘spirdati’ che negli anni della sua carriera sono stati più identificativi di un gesto tecnico.
Palermo gli ha tributato il giusto onore perché Totò è stato sempre uno di noi, mai uno ‘sopra’ di noi. Un palermitano con i suoi tanti difetti e gli innumerevoli pregi che ha lottato e faticato per emergere ed è riuscito a sfondare. Uno di quelli a cui non puoi non volere bene.
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Fonte: StadioNews24
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